mercoledì 21 settembre 2016

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I gusti della Piana di Milazzo

 
La mostarda («’a mustàta»)
 
Svanisce sempre più una delle tradizioni locali legate alla vitivinicoltura. La preparazione della mostarda è un tipico appuntamento dei palati milazzesi, che la gustano in occasione delle vendemmie di settembre-ottobre. La quasi totale scomparsa dei vigneti nel territorio comunale di Milazzo ha contribuito però a far perdere questa tradizione.
Ancora sino agli anni Ottanta era possibile recarsi presso alcune contrade della Piana per prelevare, subito dopo la pigiatura, il mosto necessario per la preparazione della mostarda negli antichi magazzini dei palmenti. Ma oggi chi volesse tornare ad esempio nel vasto appezzamento del compianto sig. Ugo Magistri in contrada Fondaco Pagliaro, accanto al vecchio tracciato ferroviario, pur osservando ancora vasche e tini in muratura, sopravvissuti all’avanzata del cemento, non vi troverà nemmeno un grappolo d’uva: nel sito in cui erano piantati i lussureggianti vigneti sorgono adesso il nuovo palazzetto delle sport e la piscina comunale.
 
 
Oggi le poche famiglie di Milazzo che preparano e gustano la mostarda («’a mustàta» per i Milazzesi) ricorrono perlopiù a mosti prodotti nelle campagne dei territori comunali limitrofi (S. Filippo del Mela, S. Lucia del Mela etc.), dove le tradizioni contadine riescono a sopravvivere all’assalto della modernità, o a quelli forniti dai produttori locali (Agriturismo Fontanelle nell’omonima contrada, Milioti a Grazia, Grasso in c.da Albero, Italiano a Carrubaro, etc.).
Ma qual è la ricetta milazzese della mostarda? A rispondere è Antonia Drago, una signorile e premurosa anziana maestra elementare a cui la ricetta è stata tramandata oralmente dalla madre Concettina Caragliano, anch’ella maestra elementare. Entrambe milazzesi, le due maestre, a cui il mosto veniva portato dalle campagne da amiche contadine, così preparavano ’a mustàta: dopo aver fatto bollire un litro di mosto con la cenere di vite, anch’essa reperita in campagna, si provvedeva a far decantare lo stesso mosto, che veniva poi scolato. Nel frattempo la cucina veniva invasa da quel tipico intenso profumo di mosto bollito, che in molti ricordano con nostalgia. Si aggiungevano 100 gr. di amido e, prima dell’addensamento, si aggiungevano anche noci a pezzi e scorze di limone grattuggiate. Una volta addensata, la mostarda veniva versata nei piatti e spolverata con cannella.
Non mancavano le varianti. Alcuni, ad esempio, alle scorze di limone preferivano quelle di arancio. E non mancava chi versava in apposite fornelle ’a mustàta, per poi conservarla (essiccata) sino alle festività natalizie allo scopo di addobbare il proprio presepe, nel quale i Milazzesi aggiungevano anche i tradizionali grappoli di uva Corniola.